Qualche giorno fa mi sono imbattuta in Wikipedia e nella definizione che viene data al World Class Manufacturing. Non potevo credere ai miei occhi: una quantità incredibile di termini complessi, di acronimi e di paroloni per lo più inglesi. Una definizione certamente poco lean!
Chi mi conosce sa quanto io tenga all’argomento, soprattutto al significato e alle logiche che stanno dietro al World Class Manufaturing (WCM). Credo fermamente nella sua forza e nella sua efficacia ma, come per altri programmi di miglioramento, è fondamentale comprenderlo per applicarlo. Usare strumenti o creare tabelloni senza capirne il significato, beh…. questo ha poco senso. Dal mio punto di vista è fare un bel “esercizio di stile” che porterà ben pochi risultati tangibili.
Ci tengo, dunque, a darvi nelle prossime righe un’idea di quello che per me rappresenta il World Class Manufacturing e del perché credo così tanto nella sua forza.
WCM è un acronimo che negli ultimi anni si è diffuso enormemente. Partito dal mondo FIAT auto, oggi il world class manufacturing si è diffuso trasversalmente su tutto il mondo industriale, e non solo.
Rappresenta un insieme di metodologie e strumenti che seguono le filosofie della lean production e del TPS. L’obiettivo è quello di impostare un sistema di Manufacturing che possa generare risultati World Class!
Il WCM è un sistema molto strutturato, che porta le realtà a seguire dei percorsi ben definiti, organizzati in steps (ovvero in passi) che vanno seguiti rigidamente. Sì, la rigidità è certamente un elemento caratterizzante la metodologia, e talvolta può sembrare eccessivo. Ma per tutti coloro i quali si approcciano all’argomento per la prima volta può, invece, diventare un valore: avere linee guida ben precise aiuta a non smarrirsi facilmente.
Così, per esempio, sui miglioramenti di sicurezza non lavorerà solamente il referente ASPP ma un team di persone appartenenti a diverse funzioni operative. E ancora, il team di qualità comprenderà anche un esponente della manutenzione per le aziende di processo e certamente il responsabile di produzione.
Questa consecutività forzata è per me un vantaggio perché troppo spesso vedo persone che parlano di attività preventive (es. in manutenzione) quando ancora soffrono di problemi che affrontano col “pompieraggio”. Fare i giusti passi nel momento opportuno permette di raccogliere risultati: se si prova a correre senza aver iniziato a camminare, il risultato sarà solo quello di cadere facendosi male.
E così i team migliori sono quelli in cui si trova l’operatore di produzione che lavora insieme al responsabile dell’Ingegneria piuttosto che al Direttore di Stabilimento.
Un’ analisi del sistema ben fatta garantisce, per es., una presa di coscienza dei processi ad una profondità tale per cui il team di lavoro avrà modo di scoprire molti meccanismi ignoti fino a quel momento.
Il primo dei 10 pilstri del WCM è il Cost Deployment, ed è proprio quello che si occupa di indirizzare gli altri pilastri laddove è più conveniente, la bussola del World Class manufacturing.
Il rischio più grande di questo strumento è quello di perdersi tra la “carta”. La sua struttura, la rigidità a cui ho fatto riferimento prima, i moduli esistenti sono veramente molti e rischiano di defocalizzare. Ho conosciuto molte realtà che si sono ritrovate ad approcciare la metodologia con la finalità dell’utilizzo degli strumenti. E quindi la cosa importante era compilare il tabellone, il modulo … senza chiedersi se ciò che veniva fatto fosse utile per loro.
Attenzione: ricordatevi che tutto è uno strumento per raggiungere i vostri risultati di performace. Le metodologie lean sono strumenti e non devono mai diventare il fine!
Fammi sapere tramite il blog se l’argomento può essere di tuo interesse: offre moltissimi spunti per altri articoli. Scrivimi indicandomi cosa vorresti che io approfondissi: strumenti? pilastri tecnici? pilastri manageriali? …
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