La fase D=DO nel PDCA: le 4 cose da non fare!

DiSamantha Chichi

La fase D=DO nel PDCA: le 4 cose da non fare!

A fine Gennaio ci siamo lasciati con l’intento di sviscerare le 4 fasi del PDCA, per comprendere meglio quella che è la logica corretta con cui affrontare i problemi focalizzati della tua organizzazione, al fine di garantire vera redditività , migliorando gli indicatori in modo sostenibile ( Il PDCA: in cosa è veramente “diverso”?).

L’articolo della scorsa settimana  ha riscosso molto successo. Vi devo ringraziare per i numerosi feedback ricevuti: scrivendolo, lo avevo trovato un po’ pesante, ma non sono riuscita a fare altrimenti vista la necessità di essere il più possibile esaustiva. Ed effettivamente mi avete confermato che quanto scritto è stato apprezzato, per la completezza e per la chiarezza. Ottimo!

Oggi parliamo della 2^ fase del ciclo di Deming , quella del DO.

La fase “più amata” dagli operativi, quella in cui finalmente si può mettere in pratica quanto definito in quella del PLAN, a seguito delle importanti analisi effettuate.

Se siete approdati in questo articolo senza avere letto i precedenti, sappiate che NON è possibile fare il DO senza aver portato a termine la fase P=PLAN, che risulta fondamentale per la buona riuscita del progetto. Per maggiori dettagli, consulta l’articolo Il cuore del PCDA in 7 passi: la fase PLAN.

Do è una parola inglese che significa fare (dal verbo to do). E’ quindi arrivato il momento del ciclo del PDCA in cui poter finalmente implementare, mettere in pratica, mettere … “le mani in pasta”!

Ma ATTENZIONE! Anche questa fase, se pur semplice all’apparenza, possiede delle insidie a cui è importante porre attenzione. La fretta di fare è sempre cattiva consigliera. Ricordati che in questo caso fare = risolvere completamente il problema e tutte le problematiche simili presenti nella tua organizzazione. Questo concetto sembra scontato ma ti assicuro che non è così insito in tutte le organizzazioni. Molte volte  FARE = dire “Ho fatto tante cose” , e questo non è proprio un sinonimo di risolvere.

Ecco gli errori da non commettere:

Errore 1: Partire senza pianificare

Terminata l’applicazione del diagramma di Ishikawa e l’identificazione delle cause radice, capire cosa fare è generalmente semplice e spontaneo. Questo non significa che le azioni necessarie siano di facile applicazione, anzi; ma significa che la soluzione è facilmente identificabile perché ogni causa radice è univocamente definita.

Ora: partire … “in quarta” non è una buona cosa. Il rischio è di perdersi per strada, allungando notevolmente le tempistiche di risoluzione dei problemi, anche se le attività sono iniziate prima. Pianificare è un passo necessario, che non può essere demandato.

Ma cosa significa?  Significa rispondere alle seguenti domande, per ognuna delle attività definite:

  • Chi è, all’interno del team di lavoro, la persona che seguirà lo svolgimento dell’attività?
  • Qual è la data entro cui vogliamo che questa attività venga fatta?
  • Chi è la persona che svolgerà l’attività?
  • Servono strumenti / materiali specifici per l’esecuzione?
  • Chi è il responsabile dell’Area all’interno della quale si farà l’attività? E’ stato informato di modalità e tempistiche?

Una volta terminata la programmazione, potrebbero emergere problemi di sovraccarico di alcune risorse dell’organizzazione. Questo è normale, ed è il motivo per cui è importante programmare. Per fronteggiare i problemi di sovraccarico va capito se è possibile redistribuire alcune attività su altre risorse, anche esterne all’ organizzazione. Qualora non si potesse, ci si dovrà dare delle priorità di esecuzione, priorità che potranno essere assegnate seguendo differenti logiche ( la logica del cammino critico, l’ICE index, …. ).

Errore 2: non fare un follow up costante

Sappiamo bene come darsi delle scadenze non sia sempre sinonimo di rispetto delle stesse. La produzione è una realtà dinamica, e per sua natura tutto il sistema che gira intorno deve essere in  grado di muoversi con la medesima velocità e dinamismo.

Il mio consiglio, dunque, è quello di seguire quotidianamente lo stato di avanzamento delle attività. Non servono riunioni. Serve farsi un giro in gemba per vedere come stanno andando le cose  sulla base dei programmi. Io sono solita sfruttare il momento dell’arrivo del mattino per fare un gemba tour e comprendere l’ avanzamento, ma ognuno può scegliere il momento che reputa più opportuno.

Fare il follow up costante significa poter anticipare i problemi che sicuramente incontrerai: non esiste un’attività portata avanti all’interno della produzione senza intoppi; chiunque abbia esperienza di produzione lo sa! Ma questo non significa che non si possa essere puntuali nelle scadenze che ci si assegna. Verificare ogni giorno se le cose procedono, è il metodo migliore per evidenziare le criticità e intervenire affinché l’obiettivo si riesca a raggiungere in ogni caso.

Errore 3: non immortalare il punto di partenza

Risolvere è certamente il significato della fase DO. Ma come abbiamo detto prima, l’intento è quello di poter, poi, estendere le soluzioni applicate a problemi simili presenti nella tua organizzazione.

Per poterli estendere in altre aree, andranno certamente spiegati ad altre persone, ad altri team. E qual è il modo più semplice per spiegare un’ azione se non mostrare come cambia la situazione di partenza dopo l’applicazione della contromisura? Vi assicuro  che non c’è nulla di più efficace del confronto PRIMA – DOPO.

Ricordatevi, dunque, di immortalare la situazione iniziale prima di iniziare a fare; dopo è troppo tardi. Mi è capitato più volte di vedere persone impegnate a “ricostruire” la situazione di partenza per poi poterla confrontare con i risultati ottenuti. Non sprechiamo tempo, dunque. Fotografate, fate riprese video, disegnate  … scegliete voi il metodo: l’obiettivo è immortalare, immortalare, immortalare.

Errore 4: fare senza coinvolgere

Ultimo, ma non certamente il meno importante, è il coinvolgimento di tutte le persone che vivono il  problema quotidianamente. Il team di lavoro costituito è stato scelto per le competenze, ma non dimenticarti che ci sono molte altre persone che lavorano in quella postazione di lavoro, su quell’impianto …. che quotidianamente si confrontano con il problema spendendo energie e perdendo fiducia.

Coinvolgerli in ciò che il team sta portando avanti per risolvere il problema darà loro fiducia e nuove energie. Le cose non cambiano da un giorno all’altro. Il vero cambiamento necessità di tempo. E le persone, quando coinvolte, lo capiscono.

Inoltre tenere aggiornato il “sistema che gira intorno al problema” significa far crescere l’organizzazione , non soltanto le persone che hanno partecipato all’analisi del problema, ma tutti. E crescita dell’organizzazione = sostenibilità nel tempo del cambiamento.

Coinvolgi, dunque, coloro i quali vivono con te lo stesso problema: guadagnerai fiducia, alleati e sostenibilità.

 

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Info sull'autore

Samantha Chichi administrator

Sono un ingegnere di 40anni, con piú 15 anni di esperienza professionale maturata all'interno del mondo delle Operations. Supporto le aziende e i suoi professionisti nel cambiare modo di fare Operations, attraverso l'utilizzo di tecniche di lean production: leaning for leading

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